#11 - le radici nel veleno /4 - sangue
di Xel aka Joji
Morte...
Sangue...
Violenza...
Sesso...
Alzò le braccia al cielo, verso la pioggia di petali rossi che le cadevano
addosso.
Ogni petalo che toccava il corpo di Typhoid cambiava forma, diveniva liquido e
le colava sulla pelle...
Le sue membra si chiazzarono come di sangue...
Tutto quello che toccava, diventava sangue...
Era nata nel sangue.
Typhoid si incamminò davanti a Stephen Marsh, che la seguì tenendo gli occhi
sbarrati come preso in un'estasi mistica.
Come se sapesse già la strada da percorrere, Typhoid scese le scale fino alla
cantina dove erano imprigionate Sara Reginalds e sua figlia.
La donna, non appena la vide entrare, iniziò a gridare invocando il suo aiuto
"La prego, ci aiuti, salvi mia figlia!"
Typhoid fece una risatina e si guardò intorno: la cantina era sporca e lurida,
la donna era legata contro una parete e in quella di fronte, accanto ad una
saracinesca, era accatastate casse e scatoloni, sul pavimento erano abbandonati
piatti e scatolette, nonché i vestiti delle due, in un angolo giaceva un
grammofono, circondato dai resti di alcuni lp fatti in pezzi e da alcune
taniche, vi erano un altra scala per salire al piano di sopra, proprio di
rimpetto a quella da cui erano scesi.
"La cantina dove tenevi me era molto più bella, non trovi?" chiese la
ragazza carezzando il volto di Stephen.
"Sei tu.. Mary? Sei davvero tu?" chiese l'uomo stupito.
"Io sono Typhoid Mary.... ti ricordi di me?" la ragazza scivolò in
avanti, finendo per poggiare il seno sul petto dell'uomo.
"Come... posso dimenticare...." mormorò lui "Non è passato
momento in cui non ti abbia pensato.. in cui non abbia pensato a come hai
rovinato la mia vita... per colpa tua sono stato arrestato e sbattuto in
carcere..."
"Rovinato... poverino.. non era nella mie intenzioni..." la gamba di
Typhoid iniziò a sfregarsi contro la patta dei pantaloni dell'uomo "Sei il
primo uomo che abbia mai amato, Stephen Marsh... e sei anche l'uomo che mi ha
messo al mondo... io ti ho amato e ti ho odiato perché tu mi hai fatto
nascere..."
Il tempo si ferma e torna indietro.
Mary Walker, un'adolescente come tante, al ritorno da un giorno di scuola
come tante.
Un furgoncino coi finestrini oscurati le si fermò accanto, una voce le chiese
un'informazione, lei si avvicinò e due mani l'afferrarono per il colletto della
camicia tirandola dentro.
Un colpo alla testa e tutto si fece nero.
Si svegliò in una cantina, ridestata dalle note di Yesterday.
Era nuda, legata ad una parete con un spessa corda di canapa che le lacerava la
pelle ad ogni movimento.
Davanti a lei vi era un uomo, che trafficava su una pila di Lp.
Quando vide che si era svegliata, assunse un'aria dispiaciuta "Oh, è stata
la musica? E' stata la musica a svegliarti?
Era frastornata, la testa le doleva e non riusciva ancora a mettere a fuoco, si
limitò ad annuire.
"Vuoi che spenga? Vuoi che tolga la musica?" chiese: sembrava
sinceramente preoccupato.
"Non... c'è bisogno..." biascicò Mary.
"Ti piacciono i Beatles?" chiese con un sorriso dolce.
"Un po'..." rispose lei.
"A me fanno cagare!" gridò lui prendendo il disco tra le mani e spaccandolo
a terra.
Poi le corse di fronte e iniziò a schiaffeggiarla violentemente "Capito?
Capito stupida Troia? O sei troppo stupida come tutte le donne per
capirlo?"
Mary sentì il volto bruciarle mentre le mano di Marsh le si abbatteva sulle
guance più e più volte.
Si fermò quando fu stanco, la guardò ansimando, lei piangeva in silenzio e le
lacrime si mischiavano al sangue che le colava dal naso.
"Perché fate cosi?" chiese lui "Perché mi costringete a punirvi?
E' colpa vostra, tutta vostra!"
Marsh si calò i calzoni e si avvicinò a Mary.
La ragazza provò a gridare, ma l'uomo le tappo una mano con la bocca, mentre
con l'altra le allargava le gambe.
E così, in una cantina umida e buia, la verginità di Mary venne brutalmente
strappata.
Durante lo stupro l'uomo continuò con le accuse, che però, lentamente, si
trasformarono in suppliche "Scusami.. non volevo... io ti voglio bene...
per favore... io ti voglio bene, mamma.."
Terminato l'amplesso, l'uomo si rivestì e guardò Mary con occhi distanti.
La ragazza si sentiva svuotata e priva di forze, i suoi occhi erano privi di
vita.
L'uomo le sorrise "Se farai la brava, non sarò più costretto a
punirti..." e se ne andò.
E così andò avanti per cinque giorni.
Mary legata contro il muro e Stephen Marsh che la sottoponeva continuamente a
violenze, stupri e umiliazioni.
E lentamente, Mary non iniziò più a chiedere pietà, lentamente iniziò a
spegnersi, a non avere più la forza di opporsi...
Ma se il corpo di Mary rimaneva immobile, la sua mente era in fermento.
Le azioni di Marsh le stavano causando un trauma irreversibile.
Nella sua testa, come nella testa di ogni essere umano, vivevano separati il
suo Io e i suoi istinti più profondi, i suoi desideri repressi, che la società
in cui viveva la obbligava a rifiutare e a mandare nei luoghi più reconditi del
suo subconscio.
Marsh aveva dato via a un processo inarrestabile.
Vedendo violate in quella situazione, tutte le leggi a cui aveva sempre fatto
affidamento la ragazza, la barriera sottile tra Io ed Es andò in pezzi, ciò che
era sempre stato il suo lato nascosto e perverso uscì fuori salendo allo stesso
livello dalla sua identità principale.
Alimentandosi con le paure e le angosce, ma anche con l'odio, la rabbia e il
rancore, quella entità crebbe e nacque, nella testa di Mary, una nuova
identità, il suo nome era Typhoid Mary.
Era la sera del quinto giorno, quando Marsh la picchiò per l'ennesima volta
dopo aver ascoltato un disco dei Beatles, che Typhoid prese il sopravvento.
Aveva usato una scheggia di un vinile per ferirla sul seno e sulla pancia.
Le gocce di sangue erano colate per terra, formando grosse macchie irregolari.
Gli occhi di Mary fissavano quelle macchie, le sembravano pozzi senza fondo...
E da quel sangue, emerse Typhoid.
Si sostituì a Mary, come mandandola a dormire, e richiamò l'attenzione di Marsh
che si stava accingendo a salire dal piano di sopra, chiamandolo per nome
"Stephen..."
L'uomo si girò e la guardò interdetto "Che vuoi?"
Lei sorrise, i suoi occhi lo guardarono languidamente, nella sua testa sapeva,
sentiva di sapere, cosa è che gli sarebbe piaciuto, cosa l'avrebbe reso suo
"Stephen, scopami..."
Lui fece un passo avanti, deglutendo "Cosa?"
"Scopami.. fammi tua, ma non qui... voglio farlo su un letto... voglio
essere sottomessa da te... perché sono una stupida donna" Typhoid lo
sapeva, stava toccando le corde più sensibili dell'uomo.
"Si.. sei una stupida donna..." Marhs iniziò a sudare copiosamente,
si avvicinò alla ragazza e la slegò "Per questo ti scoperò come ti
meriti!"
Typhoid poggiò i piedi nudi per terra per un attimo, poi Marsh la sollevò di
peso e la portò al piano di sopra.
La gettò sul letto, ricoperto da petali di rosa e iniziò a denudarsi.
Typhoid sentiva sotto la pelle il vellutato abbraccio delle rose, si lasciò
scivolare una mano sulla gamba ed afferrò la piccola scheggia di vinile che
aveva raccolto con le dita dei piedi.
Appena Marsh si fece avanti, nascose la mano dietro la schiena.
L'uomo le si distese addosso "Forza stupida.. allarga le gambe... lo so
che lo vuoi..."
Typhoid si limitò a sorridere, poi alzò di scatto la mano e ficcò la scheggia
nel collo di Marsh.
L'uomo lanciò un urlo soffocato, si drizzò in piedi, tenendo la mano sulla
ferita e iniziò a correre in cerchio.
Typhoid si alzò con nonchalanche e si avvicinò ad un tavolino su cui era
poggiato un vaso.
Afferrò il vaso con entrambe le mani e raggiunse Marsh, che piangeva e gridava
a terra.
Lasciò cadere con forza il vaso sulla testa dell'uomo.
Marsh perse i sensi all'istante, ma non morì.
Typhoid avrebbe potuto ucciderlo, ma era troppo stanca: era appena nata e aveva
già fatto così tanto.
Si distese sul letto e socchiuse gli occhi.
Vide il rosso delle rose, che si unì al rosso del sangue, li vide turbinare
come un vortice e si sentì risucchiata.
Quando la polizia giunse nella casa, allertata dai vicini che avevano sentito
le urla di Marsh, trovò Marsh privo di sensi e Mary che dormiva placidamente.
L'uomo fu subito arrestato, la ragazza non ricordava niente.
Negli anni successivi visitò uno psicologo dietro l'altro che le prescrissero
valanghe di medicinali, tutti per tenere a bada la sua seconda personalità....
"Ma gli stupidi medicinali non possono niente contro di me... io sono
cresciuta da allora... ho imparato un sacco di trucchetti... diciamo che ho
scoperto tutti i miei potenziali nascosti... Ma non mi sarei mai aspettata, un
giorno, di ritrovarti di fronte a me, caro Stephen..." Mary fece un passo
indietro: sui pantaloni di Marsh spiccava evidente la sua eccitazione.
Typhoid fece cadere a terra il suo impermeabile: sotto indossava solo la
biancheria intima.
"Riprendiamo dove abbiamo interrotto anni fa, Stephen..." disse Mary
togliendosi gli slip.
La ragazza poggiò una mano sul petto di Stephen e lo spinse a terra, poi si
sedette poggiandosi sul suo inguine.
"Scopami Stephen..." ruggì Typhoid "Poi lasciati
uccidere..."
L'espressione estasiata scomparve dal volto di Marsh "Ucci..dere?"
Le unghie di Mary artigliarono il petto dell'uomo "Sei mio padre e mia
madre... ti amo e ti odio... ti voglio mio e ti voglio uccidere... esaudisci i
desideri di tua figlia, Stephen.."
"N... no.." biascicò l'uomo.
Un colpo di pistola risuonò nell'aria.
La piccola Priscilla esplose a piangere, ma Typhoid Mary non sembrò turbata e
continuò il suo gioco.
Alcuni minuti prima, nella sala del piano di sopra.
"Clark, ti prego, no..." mormorava ripetutamente Steen.
Ma il suo collega non sembrava sentirla.
Aveva il volto sudato e teso, le vene del collo in evidenza, le teneva i polsi
con una mano mentre con l'altra si era calato i pantaloni.
"Clark, per favore, torna in te..." ma le parole della detective
risuonavano nella stanza senza risposta.
Dopo un attimo sentì la virilità del suo collega di colore spingere per
entrarle nel corpo.
La ragazza annaspò con espressione spaventata. "Ti prego.. no..."
Clark le lasciò i polsi e le porto le mani sulle cosce.
Steen gli poggiò i palmi cercando di allontanarlo, ma non era abbastanza forte.
Sentì però sotto la mano il gonfiore della pistola del collega.
Infilò la mano nella giacca e tirò fuori l'arma.
"Fermati Clark, o sparo!" gridò lei, quasi in lacrime, impugnando con
le due mani l'arma contro il collega.
Ma Clark non si fermò, continuava a spingersi contro di lei e la sua virilità
cercava di farsi largo, i suoi occhi rimanevano vuoti e spenti.
"Clark! Ti prego fermati!" gridò lei, iniziando a piangere.
Una mano dell'uomo afferrò la pistola.
Steen lo guardò rassegnata: lo sapeva che anche sotto minaccia di uno stupro
non sarebbe mai riuscita a sparare al suo collega.
E lo sapeva anche Clark.
Il dito dell'uomo premette il grilletto.
Il proiettile gli esplose nella spalla e lui ricadde indietro.
Steen rimase ferma, con le mani protese in avanti e le lacrime che continuavano
a cadere copiose dagli occhi, mentre uno spiffero d'aria le carezzava le zone
intime.
La donna si trascinò a fatica al fianco del collega, la sua spalla sanguinava
copiosamente e aveva perso i sensi.
"Clark.." gli prese la pistola dalla mano e si diresse verso la
cantina.
Scese i gradini a fatica, sentiva le gambe molli, ma scalino dopo scalino, riacquistò
controllo di se.
Quando giunse al piano di sotto, trovò Typhoid Mary a cavalcioni su Marsh.
"Lurida Troia! Stai scopando con lui! Sapevo che non ci dovevamo fidare di
te!" gridò sparandole quattro colpi contro.
Typhoid si calò e proiettili si andarono a conficcare nelle casse e nelle
taniche alle sue spalle.
Steen si preparò a sparare di nuovo, ma Typhoid tese una mano e le pistola le
esplose in pugno, ustionandola.
Typhoid si alzò e fissò la detective "Povera Sorellina.. il tuo collega
non ti ha fatto divertire abbastanza?"
"Zitta, stronza!" Steen le si avventò contro, ma Typhoid l'afferrò
per un polso e la sbatté a terra.
"Mi fai pena... tutto questo tempo ad andargli dietro..." Typhoid le
schiacciò il piede sul petto "A fargli da cagnolino.. e non hai mai avuto
il coraggio di confessargli quello che provavi per lui! Anzi, dovresti
ringraziarmi per quello che ho fatto!"
"Una donna come te... e' un insulto a tutte le altre!"le gridò contro
Steen "Usi il tuo corpo come un oggetto... non hai la minima dignità!"
"E' proprio il contrario, sorellina..." Typhoid si chinò portando il
viso davanti a quello del detective "Io, a differenza di voi, sono
libera.. libera dalle costrizioni imposte da questa società maschilista.. il
corpo é mio e lo uso come mi pare e piace e sono sempre io a decidere quando
donarlo a qualcuno.. Niente mi sottomette e le donnine che mi guardano
scandalizzate mi fanno ridere! Quelle come te, in realtà hanno solo paura del
loro essere donne!"
Per tutta risposta Steen le sputò addosso.
"E tu dove credi di andare?" chiese Typhoid, senza spostare gli occhi
dalla donna.
Stava parlando con Marsh, che, strisciando si stava trascinando dal lato
opposto della cantina.
Vedendosi scoperto, all'uomo non restò altro che drizzarsi in piedi e correre a
perdifiato.
Typhoid tese una mano e una fiammata si allungò attraverso la stanza, andando a
infrangersi contro le scale.
Marsh riuscì a spiccare un balzo sui gradini, limitandosi a scottarsi la
schiena.
La lingua di fuoco, tuttavia, carezzò una striscia di carburante fuoriuscita da
una tanica e la infiammò subito.
"Dannazione!" Typhoid piroettò verso la scala, mentre le fiamme
inondavano la cantina.
"E' inutile che provi a scappare..." la voce di Typhoid risuonò in
tutto il palazzo, mentre le porte e le finestre si chiudevano sigillandosi
"Non hai via di uscita Stephen... lasciati abbracciare per l'ultima
volta..."
Stephen Marsh, dal canto suo, correva come un disperato lungo le scale, diretto
verso il tetto del palazzo.
Intanto, nella cantina, Steen ignorando il calore delle fiamme che
invadevano la cantina, era corsa a liberare Sara Reginalds.
Cercava affannosamente di slegare le corde, ma il fumo e il fuoco, le
annebbiavano la vista.
"Lasci perdere!" la supplicò Sara "Prenda mia figlia e scappi!
Dietro la saracinesca c'è il suo furgoncino e altre due auto... se le fiamme
arriveranno lì, esploderà tutto!"
"No.. riuscirò a salvarvi tutte e due!" gridò Steen.
"La prego.. la supplico... metta prima in salvo mia figlia!" pianse
Sara, i suoi occhi erano disperati.
Steen tentennò un attimo, poi aprì la gabbietta e prese Prisicilla tra le
braccia: la bambina piangeva istericamente.
"Tornerò.. subito." La rassicurò Steen, mentre Priscilla scalciava
per andare dalla madre.
Sara sorrise tra le lacrime "Va tutto bene Priscilla... si è tutto
sistemato... vai con la signorina... ci vediamo dopo..."
Priscilla si calmò "Mamma..."
Steen corse fuori dalla cantina con la bambina tra le braccia, cercò di uscire
da dove erano entrati, ma la porta era bloccata.
"Merda..." provò anche con le finestre ma erano chiuse.
"Chiudi gli occhi e tieniti forte, piccola..." disse a Priscilla,
stringendola al seno.
Prese la rincorsa e si gettò contro la finestra, , un attimo prima dell'impatto
osservò, nell'angolo della sala, il corpo di Clark, sanguinante e privo di
sensi, riverso sul pavimento, ed ebbe un groppo in gola.
Il vetro andò in pezzi con uno scroscio, e schegge le si conficcarono nella
carne, mentre rotolava sul selciato.
La piccola era incolume: si allontanò di qualche metro dalla casa e adagiò
Priscilla sul marciapiede, avvolta nella sua giacca.
"Aspetta qui, piccola, vado a prendere la mamma e to..."
un'esplosione coprì le sue ultime parole.
Le fiamme avvolsero i primi due piani del palazzo.
"No..." biascicò la Detective.
"Mamma..." singhiozzò Priscilla.
Frastornato dall'esplosione, Marsh incespicò sugli ultimi gradini e si trovò
con il muso a terra.
Era arrivato all'ultimo piano del palazzo: da li avrebbe raggiunto il tetto e
poi sarebbe saltato sul palazzo vicino.
Si sarebbe messo in salvo, ce l'avrebbe fatta di nuovo...
"Non sai che non s fai aspettare una donna?" sorrise Typhoid.
Era in piedi, a qualche metro da lui, poggiata alla ringhiera, ai suoi piedi vi
erano petali di rosa, quelli del suo letto, sopra di lei, dal lucernario, la
luce del tramonto filtrava tingendole di sfumature vermiglie la pelle.
"No.." Marsh si alzò a fatica sulle gambe tremanti "Lasciami in
pace! Lasciami in pace!"
E così gridando si gettò oltre la balaustra, nel mare di fiamme che stava
divorando il palazzo.
Stephen Marsh aveva diciotto anni quando uccise la madre, gettando una radio
nella vasca in cui la donna stava facendo il bagno.
Il caso venne archiviato come incidente.
Il ragazzo era cresciuto da solo con la madre, abbandonato dal padre.
La donna sfogava su di lui tutte le sue frustrazioni, lo picchiava
continuamente perché dava a lui la colpa di non riuscire a trovare un compagno
stabile.
Stephen sviluppò cosi il rapporto amore odio per la madre, non poteva fare a
meno di considerarla una stupida quando vedeva che si faceva sfruttare ogni
volta da uomini diversi.
Passava lunghe ore chiuso nello sgabuzzino, mentre la madre faceva l'amore con
la musica dei Beatles di sottofondo, a riflettere sul perché sua madre fosse
così stupida da fare quelle cose con quegli uomini trascurando lui.
Gli unici momenti sereni, li passava in quei periodi in cui la donna riusciva a
mantenere una relazione stabile.
In quei giorni, la donna rientrava in casa, con un mazzo di rose regalatole dal
compagno, ne riempiva un vaso e lo metteva al centro della tavola.
E quelle erano le uniche volte che la madre preparava a Stephen un vero pasto
caldo per cena.
Si può dire che il ragazzo ebbe modo di provare il calore del nido familiare
sempre e solo davanti ai petali delle rose..
E mentre precipitava, le fiamme che si aprivano sotto di lui, gli apparivano
come i boccioli di rosse rose di fuoco...
"Mamma... abbracciami.. per favore..."
"Non mi toglierai questo piacere..." mormorò Typhoid.
Sbarrò gli occhi e il lucernario andò in frantumi, grosse schegge di vetro si
staccarono e volarono a trafiggere il corpo di Stephen Marsh.
Mentre le fiamme lo inghiottivano, era già morto.
"Addio.. amore..." Typhoid gli mandò un bacio con le punte della
dita, mentre i petali delle rose le turbinavano intorno.
Salì sul tetto e da lì saltò sul palazzo a fianco.
Rimase immobile, a guardare le fiamme che divoravano la costruzione, salendo
verso il cielo e mischiandosi alle tinte del tramonto.
Ai suoi occhi, apparve come uno splendido fiore...
Uno splendido fiore che aveva le sue radici intinte nel sangue, nella morte,
nella violenza e nel sesso, che miscelandosi formavano un dolce veleno, che
consumava tutto quello che toccava.
-Typhoid Mary: le radici nel veleno- end
****
Termina qui, con un finale amaro, la prima miniserie di Typhoid, cui vengono
riscrittele sue origini (o parte di esse).
La storia non ha praticamente bisogno di note di continuity, a parte per i
detective Clark e Steen che vengono fuori dalla miniserie di Venom: La preda.
Come avrete notato non ho considerato lo speciale Devil/Deadpool dove le altre
personalità di Typhoid veniva uccise e veniva rivelato che Typhoid altro non
era che la prostituta uccisa da Matt Murdoch in ManWithoutFear, ma su questo
particolare ritornerò in occasione di altre apparizioni di Typhoid. .
Quale sarà le future apparizioni di Mary? molteplici, come le sue personalità,
ci sarà un suo nuovo incontro con Devil (se Carlo Monni sarà disponibile), poi
uno con l'uomo ragno sulle pagine della "Tela" e forse qualcosa con
Gli Spiriti della Vendetta, e poi, di sicuro, un altro ciclo su Lethal Honey.
Quindi tenete gli occhi aperti!
E il futuro di Lethal honey? Beh, di sicuro rimarrò qui ancora per un po',
prima per aiutare Sergio Gambit a terminare la minisaga rimasta aperta nel
numero sette e poi per recuperare un personaggio ragnesco, la Libellula, in
un'avventura hardboiled ambientata a Madripoor.
Grazie per essere stati con me fino alla fine, e scusate se il risultato non è
stato eccezionale, purtroppo le mie idee sono cambiate innumerevoli volte
mentre scrivevo questa storia (forse perché influenzato dalle personalità di
Mary) e penso la lettura ne abbia risentito divenendo poco scorrevole.
L'ultimo ringraziamento (inevitabilmente) va ad Ann Nocenti, per aver creato questo
conturbante e complesso personaggio che ha stregato molto lettori e che ho
cercato (malamente) di omaggiare in questa storia.
****